Julieta: Una conversazione sullo stile, sulla moda e altro (Lamberto Cantoni / estratti)

 

“Io parto dalla materia con cui sono fatti gli abiti … si può senz’altro dire che il mio modo di interpretare il mestiere di creativa della moda dipende tantissimo dalle stoffe che riesco a trovare. Prima di tutto mi considero una ricercatrice di materiali pregnanti. Quando trovo una stoffa che mi ispira sento che la forma dell’abito non sarà un problema. Ma forse potrei definirmi una rigeneratrice, dal momento che per i miei abiti, uso solo stoffe riciclate. Spesso le sposo con tessuti originari della mia terra, l’Angola… tessuti come questi…”.

Le pezze di ruvido tessuto artigianale che mi mostra sono di una bellezza inusuale; associate alle colorate sete leggermente anticate danno alle forme dell’abito un effetto perturbante che associo al senso percepito trasmessomi da molte opere dell’avanguardia storica. Le creazioni di Julieta contaminate con i frammenti di tessuto che ricordano le sue origini, fanno oscillare il senso percepito dell’oggetto-moda in una raffinata gradation emozionale che collocherei tra “straniamento” e “surreale”. … la stilista ci riporta a quando la manualità dominava le pratiche della moda e gli abiti simboleggiavano lo status distintivo delle persone.

“… io mi sento prima di tutto una sarta. E una sarta è essenzialmente una artigiana. Deve avere manualità, sensibilità per la materia, gusto per l’unicità dell’esecuzione dell’abito. Mi piace ovviamente anche riflettere sulle forme dell’abito. Per esempio anch’io ovviamente disegno, immagino silhouette… ma non sono attratta dalla moda intesa come ricerca ossessiva della novità. Trovate le stoffe giuste sono più interessata a creare una sorta di “forma ideale” ispirata da esse, alla quale rimango, per quanto mi è possibile, fedele nel tempo. Con questa forma idealizzata, compio poi tutta una serie di piccole variazioni che mi permettono di adattarla alle diverse clienti. L’ordine di queste variazioni è dettato dalla qualità delle stoffe che trovo e da aggiustamenti formali di natura sperimentale. Cioè, aggiustamenti che dipendono dall’interazione tra personalità della cliente, materia dell’abito e la mia fantasia”.

La mia sfida è fondere tutte queste dimensioni dando ad esse la giusta regolazione affinché sia preservata l’armonia della mia creazione. Io credo che la bellezza abbia delle regole complicate e tali da non essere perfettamente elencabili, ma al tempo stesso quando si lavora e si sperimenta gli effetti delle regole risultano sufficientemente riconoscibili per permettere a chi fa il mio mestiere di capire se sto andando oltre il bello, su sentieri sbagliati; regole che consentono cioè di percepire se si perde in grazia e armoniosità. Per me grazia e armoniosità sono valori da preservare e non li considero una moda nel senso banale della parola.

“La prima nota dell’armonia che deve interessare una persona che fa il mio mestiere ha a che fare con il corpo e la personalità della eventuale cliente. L’abito ideale deve armonizzarsi con un corpo che vive, sente, si muove, ha bisogno di esprimersi. È questo il livello fondamentale che da senso alla parola e avvicina la bellezza alla grazia. Ogni persona ha la propria individualità e quindi richiede soluzioni che mi costringono ad effettuare variazioni, a scegliere un mix di colori e tessuti diversi.

“Sono attratta dalla bellezza armoniosa, aperta a improvvise e fantasiose sperimentazioni… La donna che prediligo rispetta le regole del buon gusto senza rinunciare a distinguersi. Il mio stile potrebbe essere definito un classico rivisitato. Io credo che oggi fondamentalmente moda debba significare libertà. La mia cliente ideale è una donna che vuole sentirsi libera di essere elegante e non prigioniera di tendenze imposte dai bisogni dei mass moda”… “Il classico implica la memoria e il rispetto per la simbolicità di un abito … il classico ha un valore di rappresentanza che lo rende prezioso per la gente. Ma il classico per preservare questo valore non può rimanere identico a se stesso. Il mondo cambia, la gente cambia. Per preservare la memoria di certi abiti, dobbiamo fare uno sforzo per renderli presentabili nella nostra vita di oggi…”

“Attraverso ripetizioni creative penso di aver configurato il mio particolare stile, da un lato rispettoso delle mie origini dall’altro aperto verso il nuovo mondo che mi ha accolto”.

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